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La mafia e I promessi sposi

La Mafia E I Promessi Sposi

Il romanzo I promessi sposi di Manzoni descrive l’ordinarietà del metodo mafioso nell’Italia del Seicento.

Vediamo i tratti salienti del metodo.

Potremmo dire che don Abbondio si piega ai voleri di don Rodrigo non solo perché ha timore dei suoi bravi – quelli che oggi chiameremmo i mafiosi dell’ala militare, gli specialisti della violenza — ma anche perché si trova in una condizione di assoggettamento e di omertà che deriva dalla consapevolezza del vincolo associativo che lega don Rodrigo ad altri potenti, anche nel mondo ecclesiastico.

Nella stessa condizione si trova l’avvocato Azzeccagarbugli cui Renzo si era rivolto nella speranza di trovare un rimedio legale contro la prepotenza, il quale rifiuta l’incarico quando apprende che avrebbe dovuto agire secondo legge contro un potente come don Rodrigo al di sopra della legge.

Don Rodrigo è pienamente consapevole che le proprie relazioni personali lo rendono indenne da conseguenze legali per il proprio comportamento criminale. Quando i bravi falliscono il tentativo di rapire Lucia nel paese natio, don Rodrigo insieme al cugino, il conte Attilio, stabilisce di intimorire il console del villaggio, di convincere il potestà a non intervenire, e di fare pressione sul conte Zio affinché faccia trasferire fra’ Cristoforo. Alla fine riesce nell’intento di rapire Lucia nel convento di Monza, dove si era rifugiata, grazie alla complicità di altri due esponenti del mondo dei potenti: suor Gertrude e l’Innominato.

In un’Italia, quella del Seicento, dove non esistevano anticorpi sociali e legali contro il sistema di potere mafìoso, Manzoni è costretto a far intervenire la Provvidenza perché la storia abbia un lieto fine: l’Innominato libera Lucia perché si converte colto da un’improvvisa crisi esistenziale. Don Rodrigo viene fermato dalla morte che lo ghermisce con il contagio della peste.

In conclusione, la storia esemplifica come la sommatoria di potere militare (i bravi) e di potere sociale (il vincolo associativo derivante dalla solidarietà interna al mondo dei potenti) si traduca in un abuso di potere personale che sostanzia il metodo mafioso.

Un metodo con il quale milioni di italiani hanno convissuto per secoli da vittime o da carnefici.

Sembra di capire che prima sia nato un metodo mafioso tutto italiano e poi sia nata la mafia. 

Tratto da
Il ritorno del Principe
La criminalità dei potenti in Italia
di Saverio Lodato e Roberto Scarpinato

 

 

 

 

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